di Giovanni Paci
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In un famoso saggio, che chi ha a cuore le sorti del terzo settore dovrebbe tenere sempre in evidenza sul comodino, come le bibbie negli alberghi, Hirschman riflette sulla dimensione storica e individuale del complesso rapporto tra sfera pubblica e privata.[1] Mostrando con arguzia – e solidi riferimenti – quali siano le motivazioni che spingono le persone a impegnarsi alternativamente nelle due sfere, egli svela gli inevitabili meccanismi di delusione che portano all’insoddisfazione e alla degenerazione dell’impegno individuale. «Dopo una lunga immersione negli interessi puramente privati, la scoperta che si può agire per obiettivi pubblici rappresenta un’esperienza liberatoria» (160). La tendenza però ad attribuire a questa esperienza obiettivi irrealistici e la scoperta che, spesso, il nostro intento altruistico è “contaminato” dal bisogno di soddisfare interessi egoistici, porta al riemergere di un’insoddisfazione che è la premessa per l’abbandono della prospettiva pubblica e il ritorno alla dimensione privata dell’esistenza. «Vissute alcune esperienze di insoddisfazione nella vita pubblica, una persona riesce spesso a ritirarsi nella sola vita privata senza sentirsi per questo un traditore» (163).