di Giovanni Paci
pubblicato su UIDU – Il network socialmente utile
Qualche anno fa, nella mia città, il Comune ha ristrutturato un vecchio immobile, un tempo adibito a laboratorio e officina per apprendisti operai in formazione professionale.
L’investimento è stato consistente, abbondantemente oltre il mezzo milione di euro. La nuova destinazione era quella di un ambiente polivalente per persone con varie disabilità. A questo scopo sono anche stati acquistati specifici arredi. L’immobile è di proprietà di un’organizzazione storica del terzo settore che ha contribuito anch’essa al finanziamento, in parte con un mutuo garantito dall’immobile stesso, in parto cedendone l’utilizzo al Comune per qualche decennio, scontando l’affitto che sarebbe stato dovuto.
Sempre nella mia città, per la festa dell’Epifania, i Vigili del Fuoco locali, con un’intensa e lodevole attività di volontariato, organizzano la discesa della Befana dal campanile della piazza principale, gremita di folla con in mano il biglietto della tradizionale lotteria. Il ricavato viene donato ogni anno a una diversa organizzazione di volontariato che ha così l’occasione di presentare la propria attività e incamerare un bel gruzzoletto per finanziarla.
Ora succede che, da un paio di anni, il Comune, a corto di risorse per completare, conservare e migliorare il sopra citato immobile e le relative attività, si accordi con i volenterosi pompieri e chieda, e ottenga, che il ricavato della lotteria sia destinato a quella specifica iniziativa, di cui è titolare anche se, beninteso, a disposizione della città. Discorso simile per una delle opere pubbliche più costose e più benvenute degli ultimi anni, la grande biblioteca pubblica, la più grande della Regione, una cosa veramente bella che è diventata il ritrovo di tantissimi giovani e meno giovani. Lì è l’associazione degli “Amici della Biblioteca” che provvede, oltre allo sviluppo delle proprie attività sociali, a fornire finanziamenti aggiuntivi, compensativi della riduzione dell’impegno finanziario pubblico.
Bene, veniamo al dunque. Ora, approfittando dell’ospitalità di uidu e delle sue autorevoli e preziose collaborazioni, che più di me s’intendono di questi problemi, vorrei condividere questa riflessione. L’impressione è che uno dei meccanismi che stanno minando il già precario equilibrio sociale nostrano, compresi i fragili percorsi di welfare mix costruiti in questi ultimi anni, dovuto alla scarsa capacità di mettere in campo una risposta complessiva e articolata alla crisi socioeconomica imperante, sia l’ingresso dell’ente locale pubblico nella competizione per la raccolta dei fondi privati.
Questo ingresso, spesso, avviene in concomitanza con una riduzione dei servizi pubblici, con il risultato paradossale di aumentare il bisogno del ricorso al mercato non profit e di inserirvi, allo stesso tempo, un potente competitore che si avvantaggia del suo naturale portato istituzionale di fiducia, ancora non del tutto scalfito, soprattutto in certe aree del paese.
La mia idea è che una risposta equilibrata dovrebbe vedere ogni attore del sistema concentrato a fare bene il proprio mestiere. Quello di garantire i livelli essenziali di cittadinanza, e di promuovere una rete coesa di offerta di servizi, la parte pubblica. Quello di dare fondo alle riserve di civismo, professionalità, creatività e concretezza, motivando la cittadinanza a finanziare la realizzazione di specifici progetti e iniziative, la parte non profit e privata in generale.
Insomma, crederei più opportuno ed efficace un modello diverso da quello competitivo, soprattutto in tempi di difficoltà. Anche perché, a lungo andare, non è detto che questo approccio si riveli positivo per la stessa parte pubblica allorquando non fosse in grado, e tutti sappiamo quanto sia alto questo rischio, di giustificare le risorse raccolte in termini di risultati. La ricaduta negativa di tutto questo non si riverberebbe infatti solo su una singola organizzazione ma sulla percezione dell’utilità dell’istituzione pubblica in quanto tale, con conseguenze enormi, davvero, sulla possibilità di costruire relazioni e tessuti sociali coesi e integrati, unica possibilità di uscire dalle difficoltà presenti e di immaginare futuri più sostenibili ed equi, quindi migliori per tutti.